Bisson, i segreti del mare

Quando dagli abissi emerge un vino

di Marta Pavan

Pierluigi Lugano è uno dei pionieri della produzione vitivinicola della Riviera ligure di Levante. I suoi primi vini risalgono al 1978, anno in cui nasce la sua azienda, originariamente a Chiavari. Lo scorso anno è stata inaugurata la nuova cantina a Sestri Levante. Il principio su cui si erge l’azienda è la valorizzazione dei vitigni autoctoni locali, infatti in passato in questa zona le singole varietà non venivano tenute in considerazione, ma si producevano dei vini con un blend di diverse uve bianche e rosse. Le uve si distribuiscono in sette vigne differenti per in totale di quindici ettari con una produzione annua di centotrentamila bottiglie. Per i bianchi troviamo la bianchetta genovese che storicamente è la varietà più datata della Liguria, coltivata fin dai tempi dei romani; il ben noto vermentino e il pigato. Negli ultimi dieci anni l’azienda ha piantato anche lo cimixià che in dialetto genovese significa “cimiciato”, in quanto in fase di allegagione sulla buccia dell’acino si sviluppano una serie di macchie nere che richiamano la puntura della cimice. Quest’uva regala dei vini aromatici, con un buon colore, strutturati e con un grado alcolico anche di quattordici gradi. Le varietà a bacca rossa invece non sono storicamente originarie della Liguria, ma sono arrivate in questa terra grazie agli scambi commerciali e sono il ciliegiolo, proveniente dalla Toscana; la barbera e il dolcetto dal Piemonte (coltivati a Pornassio) arrivati tramite la via del sale ed infine la granaccia.

La conduzione dei vitigni rispetta una rigorosa limitazione dell’utilizzo dei fitofarmaci, a garanzia di qualità e genuinità. Il prodotto di punta della cantina Bisson è sicuramente l’Abissi, prodotto in tre diverse categorie: spumante Abissi, Abissi riserva ed Abissi rosè. Nel primo caso ci troviamo di fronte ad un metodo classico, da uve 60% bianchetta genovese per conferire mineralità e leggerezza, 30% vermentino per dare maggior struttura e 10% cimixià. Il tempo di affinamento sui lieviti è di diciotto mesi, di cui dodici sott’acqua. Per la riserva la differenza è il periodo di sosta sui lieviti che è di trentasei mesi di cui ventiquattro in acqua. Nell’ultimo caso invece vengono utilizzati ciliegiolo e granaccia vinificati in rosato, con affinamento sui lieviti di ventiquattro mesi di cui dodici sott’acqua.

L’idea di questo spumante è nata da Pierluigi Lugano, vignaiolo, pescatore e professore di arte che ha cercato di unire le sue passioni in un’unica bottiglia. Negli ultimi vent’anni nel Mediterraneo sono state ritrovate diverse galee romane dedite al trasporto di olio e vino nelle anfore. In queste ultime, in alcuni casi, i prodotti al loro interno erano ancora parzialmente conservati. Da qui la domanda, si può produrre un vino negli abissi del mare?

Il luogo scelto per l’immersione è la baia Del Silenzio a Sestri Levante, ad una profondità di sessanta metri, in cui ci sono quindici gradi costanti e sei bar di pressione. Le bottiglie sono chiuse con tappo a corona in acciaio inossidabile a cui è aggiunta una plastica termostatica che impedisce l’usura dell’acciaio e il contatto diretto con l’acqua del mare. Una volta all’anno si vanno a posare le casse: quando se ne posiziona una nuova si “pesca” l’annata precedente. Quando poi ritornano in cantina le bottiglie vengono asciugate, ma in maniera che tutto ciò che si è depositato su esse rimanga come decorazione, come ad esempio le stelle marine, i granchi o i coralli e per fissarli alla bottiglia questa viene avvolta con una plastica termostatica. Effettuata infine la sboccatura per eliminare i lieviti, si ricolma solo con spumante abissi. Quest’idea nasce con l’obiettivo di lasciare che la maturazione del vino avvenga naturalmente, senza l’intervento invasivo dell’uomo. Finita la visita della cantina siamo andati a degustare il tanto atteso Abissi.

“Spumante Abissi” 2016, da bianchetta genovese, vermentino e cimixià. Un metodo classico color giallo paglierino brillante con riflessi verdastri; bolla piccola, fine e persistente. Al naso si presenta con un bouquet che spazia fra la mela cotta e le erbe mediterranee come salvia e rosmarino. L’equilibrio di questo vino è orientato sulle durezze, con una buona freschezza ed un’ottima mineralità.

“Bianchetta U Pastine” 2018, da bianchetta genovese in purezza. Un bianco color giallo paglierino vivace; delicato con sentori di fiori bianchi, mela verde e limone. Un vino secco, sapido, che richiama il mare ad ogni sorso, con una buona acidità. Molto tecnico e lineare.

Terminata la degustazione non siamo del tutto appagati e ci rendiamo conto che manca qualcosa. Sicuramente la peculiarità di quest’azienda è la produzione del famoso spumante, un’attrattiva invitante che crea aspettative, ma che poi si rivela una scelta commerciale e in certo senso contraddittoria. Se da un lato c’è la voglia di valorizzare e recuperare i vitigni autoctoni, da un altro ci troviamo davanti a dei vini tecnici, puliti, fin troppi perfetti, senza una minima sbavatura che ne denota un’anima. Una piattezza che non ne sminuisce sicuramente la qualità produttiva, ma che ci lascia a bocca asciutta e un po’ vuoti dentro, perché infondo incontrare un vino è sempre un momento unico e se le emozioni non parlano ci sarà sempre un distacco formale che ci farà dire: “Questo vino è noioso”.

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