Frozen Vineyards

di Gianpaolo Giacobbo

Il flusso d’aria siberiana si sta facendo sentire, non solo nell’abbassamento delle temperature percepite, ma anche tra i filari delle vigne. Eh già, non bastava l’Annus orribilis che abbiamo vissuto e continuiamo a vivere, non bastava la grandine sempre più violenta, vogliamo perderci una gelata?

Nel periodo primaverile, proprio quando tutto sta rinascendo, quando anche noi abbiamo la sensazione di tornare a riprenderci le nostre vite, può accadere che possa arrivare quella coda d’inverno capace di compromettere l’attività della pianta già sul nascere. Già nella primavera del 2017 abbiamo assistito ad un fenomeno che ha compromesso buona parte della coltura del nord Italia e anche in Francia. Cosa si può fare per salvare le vigne o le colture quando le temperatura precipita vertiginosamente sotto lo zero?

Nell’alta Borgogna assistiamo a coreografiche accensioni di fuochi tra i filari, che possano recuperare qualche grado di temperatura per evitare al gelo di prendere il sopravvento. Tecnica importata anche a casa nostra di cui però non se ne conosce l’esito. 

A difesa di questo evento, ssiste un metodo di irrigazione, anti brina, che provvede a distribuire l’acqua sulla superficie della vigna affinché si possa creare una sorta di strato protettivo di ghiaccio sulla gemma. A quel punto l’interno dell’involucro ghiacciato, non scenderà mai al di sotto dello zero salvaguardando, in parte, il raccolto o perlomeno contribuendo a limitare i danni. Sostanzialmente si tratta di una nebulizzazione generata che si poggia sulla pianta. Per i produttori sono momenti di grande tensione che si sommano ai numerosi a cui purtroppo il cambio climatico ci sta abituando. La natura si dimostra a volte violenta ma queste sono le regole del gioco a cui bisogna sottostare.

Foto di Maurizio Favrel nella vigna Malibran a Susegana

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