Fontanacota: nel cuore di Pornassio

Alla scoperta di un rosso che nasce fra le valli delle Alpi Marittime 

di Marta Pavan

Fra le valli delle Alpi Liguri in provincia di Imperia, trova la sua fortuna la DOC di Pornassio. Qui fra paesaggi incontaminati, strade impervie e piccoli paesini quasi disabitati abbiamo fatto visita ai fratelli Fabio e Marina Berta, titolari della cantina Fontanacota a Ponti di Pornassio, in valle Arroscia. La tradizione vitivinicola della famiglia non nasce fra queste montagne, ma nell’entroterra della valle Prino nella località di Fontanacota, che ha successivamente dato il nome all’azienda. Qui tutt’oggi troviamo i vigneti di proprietà coltivati a vermentino, pigato, rossese e granaccia. Il famoso ormeasco, o dolcetto in Piemonte, è invece coltivato a seicento metri di altezza nel cuore della denominazione Ormeasco di Pornassio. 

L’azienda nata nel 2001, conta sei ettari con una produzione annua di quarantamila bottiglie. La conduzione delle vigne segue il principio della lotta integrata, ossia si cerca di ridurre al minimo necessario gli interventi coi prodotti chimici, i fitofarmaci sono usati solo in caso di necessità, mentre non vengono utilizzati i diserbanti. Inoltre è praticata la tecnica del sovescio; in autunno sono piantati orzo e favino fra i filari, poi a primavera quando queste erbe hanno raggiunto l’apice vegetativo, si interrano i primi centimetri di biomassa. Con questa operazione si garantisce più sostanza organica e microelementi al terreno, si aumenta il controllo delle erbe infestanti, della biodiversità e si favorisce la presenza di insetti utili in vigneto. 

Abbiamo iniziato la nostra degustazione partendo dal vermentino.

“Vermentino” 2019, un bianco tipico ligure, pulito, tecnico e diretto. Al naso emerge la frutta a polpa bianca, soprattutto la mela ancora acerba e i fiori bianchi di acacia. Il colore è giallo paglierino con riflessi verdastri. Ottima la sapidità che ricorda il mare, spalleggiata da una buona acidità. le vigne di vermentino si trovano su terreni calcarei a sessanta metri sul livello del mare. 

Siamo poi passati al tanto atteso Ormeasco, iniziando da un rosato.

“Sciac-trà” 2019, da uve 100% ormeasco, vinificato in rosato. Il nome del vino in italiano significa letteralmente “schiaccia e tira” riferito al processo di vinificazione, ossia pressa e poi svina. Infatti per ottenere questo rosè il mosto dopo la pressatura viene subito sgrondato. Così si ottiene un colore rosa corallo con riflessi confetto. Nella tradizione questo vino veniva bevuto a Natale della vendemmia e le vinacce che si ottenevano erano usate per dare più struttura e corpo ad altri vini. Al naso troviamo un rosato con note di ciliegia, un po’ di vegetale accompagnati dalla frutta di sottobosco. Un vino armonico ed avvolgente ottimo da abbinare alla tipica farinata ligure o al pesce. 

“Ormeasco di Pornassio” 2019, da ormeasco in purezza. Un rosso che segue la vinificazione tradizionale, ossia una macerazione di pochi giorni per ottenere un colore rosso rubino con riflessi porpora ed un equilibrato livello di estrazione. L’affinamento è di dodici mesi in acciaio. Al naso spicca la frutta rossa con lampone e fragolina di bosco, con una leggera nota speziata. In bocca molto vinoso e di buon corpo. Il tannino non è invasivo ed è esaltato dall’acidità. La freschezza è data dal territorio, infatti queste vigne si trovano a seicento metri di altezza in valle Arroscia su terreni calcarei. 

La storia di quest’uva ha origini storiche radicate nel tempo. Infatti il vitigno dolcetto è stato anticamente importato dal Piemonte nel tredicesimo secolo. In Liguria, vista l’altitudine in cui è coltivato, regala dei vini con maggior acidità e vinosità rispetto a quelli piemontesi.  Attraversando in macchina queste valli ci si rende conto del potenziale di questa terra che però è abbandonata a sé stessa. I produttori sono soli in un paesaggio desolato, i paesi si stanno spopolando e sorge un dubbio spontaneo, chi continuerà a produrre questo vino in futuro?                                   La viticultura è la principale attività di questi luoghi, che col cambiamento climatico potrebbero diventare un’enorme risorsa. In provincia di Belluno e sul Monte Amiata in Toscana stiamo già vedendo dei viticoltori che si stanno spostando sempre più “in alto”. È comunque un peccato notare come una denominazione che dà valore al proprio territorio trasmetta una tristezza velata e silenziosa; quello che ci si augura è che la tenacia e la determinazione dei produttori li spingano ad alzare la voce perché una zona come Pornassio ha tanto ancora da poterci raccontare. 

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