Alberto Oggero, innovazione continua in Roero

Sperimentazione come parola chiave per vini veri ed autentici

di Marta Pavan

Il nostro viaggio alla scoperta del Roero continua e non con poche sorprese. Abbiamo già raccontato la bellezza di questo territorio sulla sponda sinistra del Tanaro ed oggi siamo andati a trovare Alberto Oggero, cofondatore dell’Associazione SoloRoero con le aziende Valfaccenda e Cascina Fornace. Ci troviamo di fronte ad un giovane produttore che fin dal 2003 inizia le sue sperimentazione per capire come non doveva produrre il suo vino. Sembra strano, ma molte volte per riuscire a trovare la propria strada ed ottenere un prodotto di qualità che possieda un’anima bisogna imparare cosa non ci piace e vogliamo evitare. In questo periodo, fino al 2009, il nostro produttore cerca di capire qual è la sua filosofia e che trama vorrà usare per condurre i suoi vini. Nel 2010 Alberto apre la sua azienda con un’iniziale produzione annua di circa cinquecento bottiglie fino ad arrivare alle ventimila di oggi divise in cinque etichette. La superficie vitata copre cinque ettari, su dodici in totale, di cui i restanti rimangono a bosco. I vigneti sono coltivati seguendo il regime biologico, con trattamenti di rame, zolfo e propoli. Il nostro produttore ci racconta che investe molto nella gestione del suolo, con l’utilizzo delle erbe mediche, per apportare sostanze organiche e contrastare l’erosione del terreno vista la conformazione sabbiosa. La cascina dove Alberto vive e ha sviluppato la sua azienda è del 1860, coltiva nebbiolo ed arneis, varietà autoctone della zona; il vitigno a bacca bianca non ha una storicità importante, infatti veniva piantato qua e là fra le viti di nebbiolo. L’idea di produrre un vino bianco è nata con uno scopo commerciale verso la fine degli anni ’70. Con l’arrivo dei primi supporti tecnologici nelle cantine durante gli anni ’90 l’arneis ha trovato la sua fortuna, con una produzione omologata e tecnica. Il nostro vignaiolo ci racconta che le bottiglie venivano lanciate nel mercato a Natale della stessa vendemmia, cosa che succede ancora oggi. Alberto si discosta da questo stile, e ci presenta la sua visione di vino bianco; così abbiamo iniziato la nostra degustazione.

“Roero” 2019, da arneis in purezza, frutto di vigne diverse, la prima meglio esposta e le uve che derivano sostano cinque giorni sulle bucce per avere un’estrazione ottimale, una volta svinato, il vino passa in botte grande di rovere da trenta ettolitri e qui svolge la malolattica. Con le restanti la vinificazione e l’affinamento avvengono in acciaio senza macerazione; in tarda primavera le due diverse masse sono unite e l’imbottigliamento avviene in estate. Il risultato finale è un bianco dai sentori ben fruttati e floreali di gelsomino e acacia, un rinfrescante richiamo salino e una nota burrosa. In bocca è croccante e di buona struttura conferita dall’ottima presenta dei tannini ben integrati ed in equilibrio con l’acidità, un ottimo bianco fresco e di personalità.

L’annata 2019 è uscita a gennaio 2021, e ci racconta che il vino ha bisogno di tempo, altri aspetti innovativi dei vini della cantina Oggero sono la macerazione e la fermentazione malolattica, che per i bianchi tecnici ed omologati sono inconcepibili.

“Valle dei Lunghi” 2019, da uve 100% arneis. Questo vino è un chiaro esempio di innovazione e sperimentazione. La macerazione è di dodici giorni a cui poi segue la maturazione in cemento. Al naso troviamo un bianco con profumi di frutta matura, con la mela gialla, avvolta dalle note di resina e miele di castagno. Al sorso è ben sapido ed acido, persistente e di ottimo corpo. Una nuova espressione dell’arneis, fuori dagli schemi e con un’anima che vuole andare contro il tecnicismo e l’omologazione che ha caratterizzato questo vitigno per anni.

“Sandro” 2019, ci siamo spostati verso il nebbiolo. Iniziando con un rosso introduttivo. Il nome del vino è dedicato al nonno di Alberto. L’idea è quella di rappresentare il territorio, la vigna è chiamata San Michele, su terreno 66% sabbioso. Le uve sostano sulle bucce per cinque giorni a cui poi segue l’affinamento in cemento, senza passaggio in legno. L’obiettivo è regalare un vino che possa stare sulla tavola tutti i giorni, con una buona beva. Si esprime con note fruttate di ciliegia e floreali di viola e rosa canina. Al sorso è divertente, allegro, con un’ottima freschezza. Un vino che dove lo metti sta, meglio se con un buon salame.

“Roero classico” 2018, ottenuto da uve nebbiolo di una singola vigna di trent’anni, denominata Le coste ed esposta a sud. In questo caso la macerazione è di venti giorni per esaltare il profilo aromatico del vino, poi la maturazione di dodici/quattordici mesi avviene in legno e dona un’ottima struttura. Al naso si presenta con note fruttate di frutta rossa, violetta, spalleggiate dalle spezie. Un vino vivace, fresco e sapido. Un ottimo esempio di nebbiolo del Roero che richiama il territorio.

“Roero riserva” 2016, da uve 100% nebbiolo, provenienti dalla vigna Anime di ottant’anni, con esposizione sud-ovest, situata in un piccolo anfiteatro naturale che raccoglie molto bene il calore. Il suolo è sabbioso, le radici delle viti sono molto profonde e difficilmente le piante soffrono di stress idrico. Questo vino al naso è molto fine ed elegante con ciliegia e prugna avvolte dalla violetta, alle quali si accostano le delicate note speziate di tabacco, cannella e pelle. A completare il tutto si aggiunge la tostatura conferita dal legno con la vaniglia. In bocca è dinamico, vivo, con un tannino vellutato che con l’acidità lo tiene in movimento. Un rosso che esalta il terroir, frutto di duro lavoro dalla vigna alla bottiglia.

Il nostro viaggio all’interno della cantina Oggero è terminato. Alberto ci saluta con questa frase, che lo caratterizza: “Piuttosto che lavorare la terra molle, è meglio stare a casa a fare il folle”. Il riassunto migliore per questo vignaiolo che con passione e determinazione porta avanti le tradizioni passategli dal nonno Sandro. Perché Roero significa dedizione, territorio e fatica. Un connubio che sicuramente porterà ad apprezzare questo territorio che sta emergendo sempre più, anno dopo anno, regalandoci dei vini che parlano la lingua di questi tenaci vignaioli.

Valfaccenda, espressione autentica del Roero

Soggettività e territorialità si incontrano in un unico bicchiere

di Marta Pavan

La cantina Valfaccenda nasce nel 2010 a Canale in provincia di Cuneo, nel cuore del Roero. Questa zona di produzione vitivinicola ha una storia millenaria, ma solo negli ultimi anni ha preso consapevolezza. Il confronto con le Langhe è sempre stato molto pesante e, in passato, c’era da parte dei produttori, l’idea di scimmiottare il più famoso Barolo con risultati poco convincenti. I vini spesso erano pesanti con forti sentori di legno, e lontani dal territorio di origine. Nell’ultimo periodo invece c’è una presa di coscienza maggiore del proprio territorio. Non si tratta di meglio o peggio ma un territorio con caratteristiche diverse e con tutta la sua personalità. I produttori, soprattutto le nuove generazioni, stanno iniziando a nobilitare i due vitigni tipici della zona, ossia nebbiolo ed arneis, senza copiare lo stile di produzione langhino. Dal 2016 è stata introdotta nella denominazione Roero la zonizzazione, e dall’anno successivo si è iniziato a produrre anche i vini riserva.

Con queste prospettive Carolina e Luca hanno dato vita a Valfaccenda, cercando di trasmettere, attraverso i loro vini, il territorio e i suoi vitigni. L’azienda si estende su quattro ettari con una produzione annua di ventiduemila bottiglie. La loro filosofia è di cercare la soggettività in ogni vino, soprattutto per quanto riguarda i bianchi. Infatti l’arneis è ormai snaturato ed omologato poiché per circa il 30/35% va sul mercato a Natale della stessa vendemmia. Le colline di questa zona sono piccole, ripide e regalano diverse esposizioni alle vigne, inoltre sono caratterizzate dalle cosiddette “sabbie astiane” che offrono dei vini sapidi, acidi e croccanti. Una volta terminato un piccolo tour della cantina siamo passati alla degustazione dei vini, partendo dai rossi.

“Vindabeive” 2019, da uve 100% nebbiolo. Il nome significa in italiano “vino da bere”, ossia che può stare sulla tavola di casa ogni giorno. È stato prodotto per la prima volta nel 2014, dai vitigni più giovani e poveri che confinano con un bosco. La bottiglia è da un litro e la chiusura è col tappo a corona, per richiamare la tradizione contadina. La vendemmia di queste vigne inizia subito dopo quella dell’arneis, quindi due settimane prima rispetto agli altri rossi. Il tannino rimane verde, si fa una macerazione semi-carbonica di tre/quattro giorni sulle bucce con uva intera. La fermentazione è spontanea e avviene o in cemento o in acciaio. Questo vino, pronto da bere, è imbottigliato il trenta novembre dell’anno della vendemmia. Ci troviamo davanti ad un bicchiere leggero, spensierato che si fa bere ad ogni sorso.

“Valfaccenda” 2018, anche questo rosso è prodotto da nebbiolo in purezza e porta la denominazione DOCG Roero. La fermentazione è sempre spontanea ed in questo caso, la macerazione sulle bucce è di quindici/venti giorni. L’affinamento avviene per un anno in legno di rovere, in botte grande, e poi finisce con un altro anno in bottiglia. Al naso spicca l’amarena, accompagnata dalla viola e da una nota di pelle. Il tannino è soffice e morbido. Un rosso delicato e molto fine.

“Valmaggiore” 2017, rosso riserva Roero DOCG. Da nebbiolo in purezza, ma le uve provengono da una singola vigna, piantata nel 1947 a Valmaggiore. La vinificazione segue le stesse fasi del vino precedente, la differenza è il tempo di affinamento che per la riserva è di un anno in legno di rovere e due anni in bottiglia. Al naso arriva la frutta rossa con un sentore speziato di cannella e pepe nero. Il tannino è ben bilanciato, un rosso elegante e con ottima beva.  

Tutti i vini sono naturali, in vigna si pratica la viticoltura biologica e viste le pendenze delle colline la maggior parte delle lavorazioni vengono fatte a mano. Per concludere il nostro viaggio all’interno di Valfaccenda abbiamo degustato i bianchi.

“Valfaccenda” 2019, da uve 100% arneis. Al naso sentori di frutta fresca, quali mela verde e limone, spalleggiati da una nota burrosa dovuta alla fermentazione malolattica. Per questo vino le uve sono raccolte in tre momenti diversi e di queste il 30% fanno una macerazione sulle bucce di circa dieci giorni, per evitare un’estrazione troppo spinta. Freschezza e sapidità sono buone, con un buon supporto tannico.

“Loreto” 2018, bianco riserva da arneis in purezza. Molto elegante con note di fiori di sambuco, frutta bianca e gelsomino. Il nome Loreto deriva dalla sottozona, ed è frutto della vendemmia di una sola vigna. In questo caso non è stata fatta la macerazione sulle bucce e per l’affinamento in legno è stata usata l’acacia, più porosa e rilascia meno tannino rispetto al rovere. Anche questo vino ha fatto la malolattica, che conferisce più corpo. Per l’invecchiamento la riserva fa un anno in legno e uno in bottiglia. Ci troviamo di fronte ad un arneis con personalità, fresco, sapido e molto armonico.

Valfaccenda certamente è una realtà giovane, ma si sta già distinguendo per la personalità forte dei suoi vini. Per i bianchi non è volutamente messo in etichetta il nome della varietà, perché l’obiettivo è quello di trasmettere il Roero, non il vitigno.

Luca ci saluta con questa frase:

“Per noi il vino esiste come naturale conseguenza del territorio che lo accoglie, come risultato di un lavoro meditato in vigna e in cantina.”

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