Sass de mura, valorizzazione della viticoltura in Valbelluna

Vini veri ed autentici che parlano la lingua della terra

di Marta Pavan

Concludiamo il nostro viaggio alla scoperta dei vini delle Dolomiti con Edda Bonifacio che col marito Mauro è titolare dell’azienda vitivinicola Sass de mura a San Gregorio nelle Alpi. La nostra produttrice parte da Colbertaldo, terra di prosecco, con la famiglia e decide di cambiare vita. Una svolta dovuta alla ricerca di una vita più sana e in mezzo alla natura. Questo con l’obiettivo di iniziare un nuovo progetto, di viticoltura vera e sostenibile. Gli inizi non sono stati sicuramente facili, infatti la nostra vignaiola col marito, acquista un appezzamento abbandonato e l’unico strumento a loro disposizione era la zappa della nonna. Così nel 2008, seguendo un progetto di Veneto agricoltura per la reintroduzione della vite in montagna, viene piantato il vigneto sperimentale. Un lavoro di recupero e di valorizzazione del territorio. 

Edda ci racconta che quando è arrivata a San Gregorio nelle Alpi le vigne erano poche e fin da subito decide che la sua produzione sarà tutta biologica. Le varietà piantate inizialmente erano otto: pinot nero, cabernet sauvignon, traminer aromatico, muller thurgau, trevisana nera, bianchetta, merlot, teroldego e chardonnay. Le difficoltà ci sono state fin dall’inizio, ma la voglia e la determinazione hanno spinto la nostra produttrice a non mollare e a continuare a credere nel suo progetto.

L’azienda oggi conta circa 1,3 ettari, con all’incirca cinquemila bottiglie l’anno prodotte. Siamo a cinquecento metri di altezza sul livello del mare e le varietà coltivate sono pinot noir, cabernet cortis, chardonnay, traminer aromatico, e bronner. La composizione dei terreni è diversificata, in alto è più sassosa, a valle invece troviamo argilla e limo.  Il pinot noir e il traminer sono varietà molto sensibili ed è difficile portare a maturazione le uve sane, ma sono quelle che identificano l’azienda, e quindi Edda decide di portarle avanti con tanti sacrifici. Dopo aver fatto due passi in vigna siamo andati ad assaggiare i vini di Sass de mura. 

“Rosa frizzante” 2018, da pinot noir in purezza, vendemmiato a metà settembre. La fermentazione avviene con i lieviti indigeni grazie al pied de cuve dopo la pressatura soffice a grappolo intero. La fermentazione malolatttica avviene poi in un secondo momento nel periodo primaverile.  Il vino sosta in vasca fino a maggio e anche oltre, poi viene imbottigliato. In bottiglia avviene la rifermentazione e viene venduto dopo almeno altri sei mesi. Questo rosato si presenta con un colore rosa antico brillante, al naso è fine ed elegante con note di frutta di sottobosco come fragolina, ribes e lampone, avvolte dalla delicata rosa canina. Al sorso la bollicina è vivace e dinamica; un vino fresco, dritto e deciso, con un’ottima verticalità. Al tempo stesso è minerale richiamando il terroir di cui è figlio ad ogni sorso.  

“Bianc” 2018, da un uvaggio di traminer aromatico, chardonnay e bronner. Le uve vengono macerate tutte assieme per tre giorni, consentendo un’estrazione ottimale. Nelle ultime due vendemmie invece viene macerato solo il traminer. Questo bianco si presenta di color giallo paglierino intenso, con profumi fruttati di litchi, mela gialla e mango; spalleggiati dalle note di fiori gialli. In bocca troviamo un vino equilibrato tra morbidezza e freschezza, con un’ottima mineralità che richiama il tipico sasso dolomitico. 

I vini di Edda e Mauro sono veri ed autentici, come la loro produttrice. Richiamano la vitalità, intesa come dinamismo, qualcosa che ha una vita indipendente e che genera emozioni. Ci troviamo in una realtà che pratica una viticoltura sostenibile e vera, con l’obiettivo di valorizzare e soprattutto tutelare la biodiversità di questi luoghi. È bello poter assaggiare dei vini che parlano la lingua della terra di cui sono figli e preservano questo meraviglioso territorio che è la Valbelluna. 

Filippo De Martin, espressione indipendente delle Dolomiti

di Marta Pavan

 Poco si sa dei vini delle Dolomiti venete, eppure un tempo le zone del feltrino e del bellunese erano ricche di vigne, si pensa che la superficie vitata in queste aree coprisse ben mille ettari. Storicamente tutta la produzione che ne seguiva era destinata alla corte degli Asburgo, quindi queste zone erano considerate “un’estensione dell’Austria”. La storia ha poi preso una strada diversa, e nel secondo dopoguerra la viticoltura di montagna ha iniziato pian piano a diminuire, la gente andava in città a cercare lavoro, le fabbriche “svuotavano” le campagne e i borghi montani. Fortunatamente nell’ultimo decennio, da Feltre ad Alpago, è rinata la consapevolezza e la voglia di produrre vini che rispecchiano il territorio dolomitico. 

Così nel cuore di queste terre, in Valbelluna a San Gregorio nelle Alpi, siamo andati a trovare Filippo De Martin, giovane produttore vitivinicolo. La sua storia non ha radici nel mondo del vino, infatti Filippo faceva tutt’altro, era un restauratore. Questo lavoro l’ha comunque spinto a recuperare un casolare e a piantare le prime vigne. Siamo nel 2011, anno in cui nasce la sua azienda agricola ai piedi del monte Pizzocco. Col passare degli anni sono stati aggiunti nuovi impianti con lo scopo di recuperare vecchie varietà locali, quali pavana, gata, turca, paialonga, bianchetta e altri vitigni alloctoni. Nel 2015 sono state piantate le varietà resistenti bronner e solaris, che non necessitano di trattamenti. La produzione annuale di bottiglie si aggira intorno alle cinquemilaottocento. 

La filosofia del nostro vignaiolo è quella di coltivare le proprie vigne naturalmente, senza l’utilizzo della chimica; si limita ad un massimo di due-tre trattamenti all’anno con rame e zolfo, solo se strettamente necessari. Ogni intervento è svolto a mano, nel pieno rispetto della natura; i terreni sono sfalciati manualmente da decenni e concimati solo col letame. Lavorare in queste zone non è sicuramente facile, bisogna difendersi anche da dei nemici inusuali: gli uccelli. Le sue vigne infatti sono protette da delle reti, posizionate appositamente per proteggere gli acini che diventano una ghiotta preda per i volatili. Inoltre sotto le viti cresce un famoso fagiolo locale che il nostro produttore ci mostra orgogliosamente; è denominato Fumolet, storica varietà della Valbelluna, che prende il nome dal suo colore grigio fumo.

Filippo ci riassume il suo lavoro con questa frase: “Siamo il frutto di un pensiero nato attorno all’idea di produrre vino nelle Dolomiti Bellunesi, territori vergini, per certi versi ancora liberi da monoculture industriali”. Così affascinati dal panorama coperto dalla neve e da tanta curiosità abbiamo degustato i vini. 

“Bolla ballerina”, una nuova sperimentazione volta alla valorizzazione delle varietà locali. Infatti in questo vino troviamo un 60% di pavana, gata, turca, bianchetta, paialonga e altri vitigni alloctoni, queste uve provengono da tre vigneti situati nei comuni di Arsiè e Fonzaso, con un’età media di cinquant’anni; il restante 40% a varietà bronner proviene da vigne coltivate in località Pascoli, nell’alta Valbelluna. Le uve bianche e rosse sono state vinificate assieme, per la fermentazione sono stati utilizzati lieviti indigeni, e l’affinamento avviene in vasche di acciaio. Per la rifermentazione in bottiglia è utilizzato il proprio mosto e l’aggiunta di solforosa è di 30 mg/l. Al naso questa bolla si esprime con note fruttate di mela cotta, agrumi e sottile la fragolina di bosco conferita dalla pavana, il tutto avvolto dalle erbe di montagna. Al sorso eccelle la freschezza, tipica del terreno calcareo e dell’altitudine, che con la mineralità richiamano la roccia delle Dolomiti nel bicchiere. Un rifermentato energico, brillante e di ottima personalità.

“Case lunghe”, da bronner in purezza; le vigne sono situate a San Gregorio nelle Alpi, ad un’altezza di cinquecento metri. Frutto di vendemmia tardiva, a cui poi segue una macerazione sulle bucce di un giorno. Anche in questo caso fermentazione da lieviti indigeni e affinamento in vasche di acciaio. Questo bianco rimane sui propri lieviti fino all’imbottigliamento che avviene all’incirca a luglio. Il vino si presenta intenso con sentori di mela gialla, agrumi, una delicata nota di miele e le erbe di montagna. In bocca rivela un’acidità vivace, spalleggiata da un’ottima mineralità, che rimanda al territorio ad ogni sorso e conclude con una nota agrumata. Un bianco delicato ed elegante, con una trama verticale che lo tiene vivo. 

Ci troviamo davanti ad un produttore indipendente che sa portare ciò che la natura offre in vigna in ogni sua bottiglia. I vini di Filippo sono un’ode al terroir di cui sono figli. Un’espressione vera e autentica della viticoltura e dei vini di montagna; esuberanti, dinamici, con una freschezza tagliente e una mineralità rocciosa. Un ottimo esempio di valorizzazione e salvaguardia di un territorio come quello dolomitico che ha ancora tante sorprese da rivelarci. 

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