di Marta Pavan
Poco si sa dei vini delle Dolomiti venete, eppure un tempo le zone del feltrino e del bellunese erano ricche di vigne, si pensa che la superficie vitata in queste aree coprisse ben mille ettari. Storicamente tutta la produzione che ne seguiva era destinata alla corte degli Asburgo, quindi queste zone erano considerate “un’estensione dell’Austria”. La storia ha poi preso una strada diversa, e nel secondo dopoguerra la viticoltura di montagna ha iniziato pian piano a diminuire, la gente andava in città a cercare lavoro, le fabbriche “svuotavano” le campagne e i borghi montani. Fortunatamente nell’ultimo decennio, da Feltre ad Alpago, è rinata la consapevolezza e la voglia di produrre vini che rispecchiano il territorio dolomitico.
Così nel cuore di queste terre, in Valbelluna a San Gregorio nelle Alpi, siamo andati a trovare Filippo De Martin, giovane produttore vitivinicolo. La sua storia non ha radici nel mondo del vino, infatti Filippo faceva tutt’altro, era un restauratore. Questo lavoro l’ha comunque spinto a recuperare un casolare e a piantare le prime vigne. Siamo nel 2011, anno in cui nasce la sua azienda agricola ai piedi del monte Pizzocco. Col passare degli anni sono stati aggiunti nuovi impianti con lo scopo di recuperare vecchie varietà locali, quali pavana, gata, turca, paialonga, bianchetta e altri vitigni alloctoni. Nel 2015 sono state piantate le varietà resistenti bronner e solaris, che non necessitano di trattamenti. La produzione annuale di bottiglie si aggira intorno alle cinquemilaottocento.
La filosofia del nostro vignaiolo è quella di coltivare le proprie vigne naturalmente, senza l’utilizzo della chimica; si limita ad un massimo di due-tre trattamenti all’anno con rame e zolfo, solo se strettamente necessari. Ogni intervento è svolto a mano, nel pieno rispetto della natura; i terreni sono sfalciati manualmente da decenni e concimati solo col letame. Lavorare in queste zone non è sicuramente facile, bisogna difendersi anche da dei nemici inusuali: gli uccelli. Le sue vigne infatti sono protette da delle reti, posizionate appositamente per proteggere gli acini che diventano una ghiotta preda per i volatili. Inoltre sotto le viti cresce un famoso fagiolo locale che il nostro produttore ci mostra orgogliosamente; è denominato Fumolet, storica varietà della Valbelluna, che prende il nome dal suo colore grigio fumo.
Filippo ci riassume il suo lavoro con questa frase: “Siamo il frutto di un pensiero nato attorno all’idea di produrre vino nelle Dolomiti Bellunesi, territori vergini, per certi versi ancora liberi da monoculture industriali”. Così affascinati dal panorama coperto dalla neve e da tanta curiosità abbiamo degustato i vini.
“Bolla ballerina”, una nuova sperimentazione volta alla valorizzazione delle varietà locali. Infatti in questo vino troviamo un 60% di pavana, gata, turca, bianchetta, paialonga e altri vitigni alloctoni, queste uve provengono da tre vigneti situati nei comuni di Arsiè e Fonzaso, con un’età media di cinquant’anni; il restante 40% a varietà bronner proviene da vigne coltivate in località Pascoli, nell’alta Valbelluna. Le uve bianche e rosse sono state vinificate assieme, per la fermentazione sono stati utilizzati lieviti indigeni, e l’affinamento avviene in vasche di acciaio. Per la rifermentazione in bottiglia è utilizzato il proprio mosto e l’aggiunta di solforosa è di 30 mg/l. Al naso questa bolla si esprime con note fruttate di mela cotta, agrumi e sottile la fragolina di bosco conferita dalla pavana, il tutto avvolto dalle erbe di montagna. Al sorso eccelle la freschezza, tipica del terreno calcareo e dell’altitudine, che con la mineralità richiamano la roccia delle Dolomiti nel bicchiere. Un rifermentato energico, brillante e di ottima personalità.
“Case lunghe”, da bronner in purezza; le vigne sono situate a San Gregorio nelle Alpi, ad un’altezza di cinquecento metri. Frutto di vendemmia tardiva, a cui poi segue una macerazione sulle bucce di un giorno. Anche in questo caso fermentazione da lieviti indigeni e affinamento in vasche di acciaio. Questo bianco rimane sui propri lieviti fino all’imbottigliamento che avviene all’incirca a luglio. Il vino si presenta intenso con sentori di mela gialla, agrumi, una delicata nota di miele e le erbe di montagna. In bocca rivela un’acidità vivace, spalleggiata da un’ottima mineralità, che rimanda al territorio ad ogni sorso e conclude con una nota agrumata. Un bianco delicato ed elegante, con una trama verticale che lo tiene vivo.
Ci troviamo davanti ad un produttore indipendente che sa portare ciò che la natura offre in vigna in ogni sua bottiglia. I vini di Filippo sono un’ode al terroir di cui sono figli. Un’espressione vera e autentica della viticoltura e dei vini di montagna; esuberanti, dinamici, con una freschezza tagliente e una mineralità rocciosa. Un ottimo esempio di valorizzazione e salvaguardia di un territorio come quello dolomitico che ha ancora tante sorprese da rivelarci.
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