Bronx dry

Approfondimento curato da: “Symposium on Mixing”, simposio permanente di storia della miscelazione, con sede presso il Palazzo delle Misture di Bassano del Grappa dove è possibile richiedere la riproposizione di questi ed altri miscelati storici.

Niccolò Machiavelli, durante il suo esilio all’Albergaccio, in seguito all’allontanamento da Firenze perché sospettato di essere coinvolto nella congiura anti-medicea, scambiò un lungo carteggio con il suo amico Francesco Vettori, del quale sotto riportiamo un estratto della famosa lettera del 10 Dicembre 1513. Nella stessa lo scrittore fiorentino racconta il volgere della giornata in questa nuova obbligata condizione, così diversa da quella che abitualmente trascorreva nella città di Firenze in qualità di politico e letterato. Il testo palesa il contrasto tra le umili attività campagnole che svolge di giorno e le auliche letture dei testi antichi a cui si dedica la sera, una volta rientrato nella sua dimora, immaginando di intrattenere conversazioni con gli autori classici. Calandosi nei gloriosi tempi antichi le rivolge delle domande trovando risposta nei loro scritti.

Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.”

Anche noi, quando viene sera (o meglio notte), ci spogliamo delle nostre vesti madide di rum, liquori appiccicosi e sciroppi autoprodotti. Ci vestiamo di abiti nobili per entrare negli antichi hotel degli antichi uomini bar, dove, da loro ricevuti amorevolmente ci nutriamo lo spirito di quel cibo che è solo nostro e per cui siamo nati. Qui parliamo con i classici della miscelazione e non ci vergogniamo di  chiedere loro come hanno avuto origine le misture che giornalmente prepariamo.

Con questo spirito prendiamo in esame la genesi del Bronx Cocktail, di cui molti rivendicano la creazione. Cominciamo a farci illuminare da Albert Stevens Crockett, storico dell’Old Waldorf-Astoria hotel, luogo in cui sembra essere nato questo famoso drink. Infatti nel suo libro The Old Waldorf-Astoria Bar Book (reprint 1935) rivela che il suo ideatore sia stato Johnnie Solon (o Solan), uno dei migliori mixologist tra quelli che si sono susseguiti dietro il bancone dell’hotel. Ascoltiamo cos’ha da raccontarci Johnnie a tal proposito.

All’epoca preparavamo un cocktail piuttosto richiesto chiamato Duplex. Un giorno, mentre ne servivo uno ad un cliente entrò Traverson, maître dell’Empire Room, la principale sala ristorante della vecchia struttura Waldorf. Il Duplex si componeva di parti uguali di Vermouth Francese e Italiano, shakerati con un twist di buccia d’arancia o due spruzzate di Orange Bitter. Traverson disse: ‘Perché non crei un nuovo cocktail? Un mio cliente sostiene che non ne sei capace’.

‘Non ne sono capace?’ risposi. Bene, finito il Duplex che stavo preparando mi passò per la testa qualcosa. Ho versato in un mixing glass l’equivalente di due jigger di Gordon Gin e uno di  succo d’arancia, in modo che risultassero un terzo di succo d’arancia e due terzi di Gin. Quindi ho aggiunto una spruzzata di Vermouth Italiano e una di Vermouth Francese, e infine shakerato il tutto. Non l’ho assaggiato, l’ho versato direttamente in un bicchiere da cocktail e servito a Traverson aggiungendo: ‘Sei un buon giudice. (Lo era.) Dimmi cosa ne pensi.’ Traverson inizialmente lo assaggiò e poi lo bevette d’un fiato.

‘Per Dio!’ disse ‘Hai veramente inventato qualcosa di nuovo! Farà sicuramente successo. Preparamene un altro per quel cliente nella sala da pranzo. Scommetto che ne venderai moltissimi. Hai già una buona scorta di arance? Se non ce l’hai faresti bene a procurartela, perché prevedo di vendere parecchi di questi cocktail durante il pranzo.’

La richiesta di Bronx cocktail cominciò da quel giorno. Ben presto abbiamo iniziato a utilizzare quotidianamente una cassa piena di arance e in seguito molte di più.

Il nome? Non l’ha preso dagli omonimi quartiere e fiume. Sono stato al Bronx Zoo un paio di giorni prima e ho visto strane bestie che non conoscevo. I clienti erano soliti parlarmi degli strani animali che vedevano dopo un certo numero di cocktail; quindi quando Traverson mi ha chiesto, mentre portava il drink al suo cliente, ‘Come devo chiamare questo drink?’ ho pensato a quegli animali e risposi: ‘Gli puoi dire che è un “Bronx”.”

Interroghiamo ora un altro classico, ovvero Magnus Bredenbek, che nel suo What Shall We Drink?: Popular drinks, recipies and toasts (1934) ci dice: “Il Bronx cocktail, strano a dire, è stato inventato a Philadelphia! E ne saremmo rimasti all’oscuro se non fosse che Joseph Sormani, un ristoratore del Bronx, ha scoperto questo drink nel 1905 nella città dei Quaccheri. Questa è la ricetta originale che è stata notevolmente cambiata nel corso degli anni: quattro parti di gin, una parte di succo d’arancia ed una parte di vermouth italiano. Agitare.” Un’altra curiosa testimonianza indica Sormani come il creatore del Bronx cocktail. Si tratta del necrologio che annuncia la sua morte nel New York Times del 17 Agosto 1943: “Joseph S. Sormani, il pensionato ristoratore del Bronx, il quale si dice aver dato origine al Bronx cocktail, è morto mercoledì sera nella sua casa, 2322 Fish Avenue, Bronx, dopo una breve malattia. Aveva l’età di 83 anni.”

Trasportati dalla macchina del futuro incontriamo il contemporaneo storico della miscelazione David Wondrich che nel suo “Imbibe”, oltre alla suddetta versione di Crockett, ci presenta altre tesi. Una di queste si rifà alla notizia che il New York Times rese pubblica nel 1921 riguardo la chiusura di uno dei caffè di Peter Sellers in Brook Avenue nel Bronx, specificando che “si diceva fosse il luogo dove fu creato il Bronx Cocktail” e che il Criterion Restaurant di Billy Gibson, un altro bar del Bronx, “si vantava di questo”.

Wondrich continua a raccontarci che il Bronx Cocktail esisteva già nel 1904 quando la Police Gazzette lo incluse in una lista di nuovi Cocktail; o addirittura anche quattro o cinque anni prima, vista la sua apparizione in un menù della collezione della New York Historical Society del 1900 circa.

Come per tutti i nuovi drink, il raggiungimento della popolarità non è stato immediato. La sua svolta fu nel 1907 quando improvvisamente si trovava ovunque. Ma ciò non significava che tutti ne fossero soddisfatti. La critica più comune è riassunta in questa frase dell’opera teatrale Papa: An Immorality in Three Acts di Zoe Atkins nel 1913: “Ha un aspetto debole quanto un Bronx Cocktail”.

Alla fine del nostro viaggio durato più di un secolo, tra i quartieri di New York, vi elenchiamo due ricette del Bronx Cocktail pubblicate nel libro del Waldorf-Astoria e una curiosa variante inserita nel testo Recipes for Mixed Drinks di Hugo Ensslin, capo barman del Wallick Hotel di Times Square.

BRONX (Original)

1/3 succo d’arancia

2/3 gin

1 spruzzata di Vermouth Francese

1 spruzzata di Vermouth Italiano

Fonte: Steven Crockett, “The Old Waldorf-Astoria Bar Book” (ristampa del 1935)

 

BRONX (WALDORF)

2/3 gin

1/3 succo d’arancia

2 fette d’ananas fresco nel bicchiere

Fonte: Steven Crockett, “The Old Waldorf-Astoria Bar Book” (ristampa del 1935)

 

BRONX (DRY)

3 fette d’arancia

1 fetta d’ananas

½ Dry Gin

½ Vermouth Francese

Introdurre la frutta nel mixing glass, pestare bene, aggiungere ghiaccio tritato, gin e vermouth, shakerare bene, filtrare nel bicchiere da cocktail e servire.

Fonte: Hugo Ensslin, “Recipes for Mixed Drinks” 1917

Gianluca Camazzola

Marta Cherubin

Tamara Fantinato

Alberto Franciosi

Le origini del Manhattan cocktail

manha

a cura del:  “Symposium on Mixing”

simposio permanente di storia della miscelazione

con sede presso il Palazzo delle Misture di Bassano del Grappa (VI)

Manhattan 1887

l Manhattan Cocktail come anche il Martini cocktail possono essere considerati un’evoluzione dei vari Whiskey e Gin Cocktail ai quali qualche illuminato barman provò ad aggiungerci il vermouth, una volta che questo si diffuse fino a comparire regolarmente sulle bottigliere dei bar. A tal proposito l’autore dell’anonimo “Cocktails: How to Make Them” (1898) scriveva: “L’aggiunta di vermouth è stato il primo passo verso la miscelazione dei cocktail”. Lo storico della miscelazione David Wondrich nel suo testo “Imbibe”, fonte della nostra ricerca, scrive che il Manhattan Cocktail ha in New York la sua culla d’origine sostenendo che su questo sono quasi tutti d’accordo. Una storia, ripetuta a livello universale sulle origini di questa mistura, racconta che sia stata inventata in occasione di un banchetto organizzato da Jennie Jerome, la madre di Winston Churchill, al Manhattan Club di New York per celebrare l’elezione a governatore di Samuel J. Tilden. Questa teoria, una delle più diffuse fra i miti dei drink, potrebbe reggere, eccetto per il fatto che la sopracitata festa coincida con il parto di Lady Winston e il battesimo del piccolo Winston in Oxfordshire. L’autore di “Imbibe” riporta inoltre una testimonianza di William F. Mulhall, capobarman dell’ Hoffman House dal 1882 fino alla sua chiusura nel 1915, che di seguito citiamo: “Il Manhattan Cocktail è stato inventato da un uomo chiamato Black che gestiva un locale al di sotto di Houston Street a Broadway negli anni Sessanta”. A supportare questa tesi ci vengono in aiuto i registri del comune di New York degli anni Sessanta del 1800 che confermano la gestione di un locale da parte di un certo William Black sulla Bowery, anche se al di sopra della Houston, non sotto. D’altro canto, anche il Manhattan Club rivendica la paternità del drink con altrettante prove a suo favore. Un bartender del Boston, intervistato nel 1889, affermava che “Il cocktail Manhattan è stato ideato da un barman del Manhattan Club a New York”, questo 33 anni prima che le memorie di Mulhall venissero pubblicate. Questa dichiarazione trova corrispondenza nelle pagine del New York Times nel 1902 quando Bobbie”, nella colonna “With the Clubmen”, riportava di getto come una nota effimera che “La Leggenda” aleggia intorno “al Manhattan Club… il primo a dar origine al Manhattan Cocktail”. Prendiamo inoltre in considerazione parte di un articolo pubblicato dal Galveston Daily News: “Il New York Club ha un cocktail peculiare che si compone del miglior brandy e di diversi tipi di bitter, lo si vuole sempre shakerato con ghiaccio, non mescolato. L’Amaranth Club ha un cocktail fatto con il seltz e il Manhattan Club ne ha inventato un altro”. L’articolo è stato pubblicato nel Settembre del 1873, non c’è nessuna garanzia che questa invenzione del Manhattan Club sia il drink che tutti noi conosciamo e amiamo, ma non c’è nemmeno modo per affermare il contrario. Se così fosse sarebbe straordinariamente presto per un cocktail miscelato con il vermouth, ci sarebbe voluto infatti quasi un decennio prima che questa pratica diventasse abituale.Sempre David Wondrich ci racconta che per la metà degli anni Ottanta del 1800 il Manhattan era già conosciuto. Infatti il 5 settembre del 1882 il drink compare per la prima volta sulla stampa nelle pagine dell’ “Olean (NY) Democrat”: “Non è da molto che una mistura di whiskey, vermouth e bitter è in voga”, annota la “New York Letter” del giornale, È passato attraverso vari nomi – il cocktail Manhattan, il cocktail Turf Club e il cocktail Jockey Club. Inizialmente i barman erano perplessi per le richieste che gli venivano rivolte, ma ora sono pienamente coscienti dei diversi modi con cui veniva chiamato e non incontrano alcuna difficoltà”. Dopo poco tempo il Manhattan cocktail comincia a fare la sua comparsa anche su testi e ricettari di bartending che di seguito riporteremo per il valore storico/documentale che continuano ad avere per i professionisti del settore e per gli appassionati.Come potete constatare la “Manhattanologia” è una materia abbastanza complessa ed in continua evoluzione con probabili nuove teorie che andranno a spostare i confini delle sue fonti. Tuttavia, prima di concludere, ci sembrava doveroso riportare una curiosità riguardo le tipologie di whiskey utilizzati in questo drink. A seguito di una consultazione, da parte di David Wondrich, risulta che su venti ricette del periodo preproibizionistico solo quattro specificavano quale tipo di whiskey doveva essere usato, e due di queste prevedevano il bourbon. Nel nord-est quel “whiskey” sarebbe generalmente inteso come rye, ma non sempre.

Di seguito elenchiamo tre differenti ricette del Manhattan pubblicate

in alcuni autorevoli testi di mixologia di fine Ottocento.

Manhattan

Formula # 1 (Old standard)

Usare un “large bar-glass”

due o tre dashes di Peruvian bitters

1/2 tsp di sciroppo di zucchero o gum syrup

4,5 cl di whiskey

4,5 cl di vermouth

riempire tre quarti di bicchiere con ghiaccio, mescolare con un cucchiaio, filtrare in un

“fancy cocktail glass” e servire.

Fonte: How to mix drinks – Bar keeper’s handbook, 1884.

“New York’s G. Winter Brewing Co.

Formula # 2 (Reverse)

Usare a “small bar-glass)

1 tsp di orange curaçao o maraschino

3 cl. di rye whiskey

6 cl. di vermouth

3 dashes di boker’s bitter

Shakerare bene e filtrare in un “claret glass”. Mettere un quarto di fetta di limone nel

bicchiere e servire. Se il cliente gradisce un drink più dolce aggiungere anche 1 tsp di gum

syrup.

Fonte: Jerry Thomas’s bar-tender guide, 1887.

Formula # 3 (New standard)

Mezzo tumbler riempito di ghiaccio tritato

1/2 tsp di gum syrup

2 dashes di angostura

1 dash di assenzio

6 cl di whiskey

3 cl di vermouth

1/4 tsp di maraschino può essere aggiunto

Mescolare bene, filtrare e servire.

Fonte: William “The only William” Schmidt, The flowing bowl, 1892.

Approfondimento curato da: “Symposium on Mixing” simposio permanente di

storia della miscelazione con sede presso il Palazzo delle Misture dove è possibile richiedere la riproposizione di questi ed altri miscelati storici.

Gianluca Camazzola

Marta Cherubin

Tamara Fantinato

Alberto Franciosi

L’antifiera da Pacelli

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L’antifiera è diventata tradizione. Tutto nasce nel 2004 alla birreria Pacelli di Bassano del Grappa tra le chiacchiere da Bar durante il periodo della fiera di paese. Il giro tra le bancarelle finisce prima o poi al furgoncino della piada romagnola e alle ciambelle fritte. In entrambe i casi la digestione finisce l’anno successivo quando arriva la fiera nuova. Succede quindi che Mancio, un noto personaggio del bassanese, convinca la mamma Teresa e la zia a produrre l’autentica piadina romagnola secondo la ricetta di Gatteo a mare, quindi assolutamente autentica. Con una piada di questo tipo ci vuole qualcosa di importante da metterci dentro, Paolino Pacelli si mette all’opera stufando le cipolle, i peperoni, le melanzane e le zucchine, procurata la carne di prima qualità dei Fratelli Fontana, altra garanzia, serve solo assemblare il tutto. A noi non rimane che affondare le fauci senza vergogna lasciando colare i succhi e la maionese di rito, in una meraviglia degna di essere messa tra i grandi piatti della tradizione italiana. Ogni anno al pranzo del sabato della fiera gli amici si ritrovano per rinnovare la tradizione. Piada , birra e scemenze che volano al vento, proprio come fanno i veri amici. Pacelli, Mancio , la Signora Teresa e Fontana Meatbrothers un bel gruppo Rock! Ci vediamo nel 2014. Stay Rock

Giampi

Il Video

Quando meno te lo aspetti

hoffIl viaggio, intendo qualsiasi viaggio, non solo quelli nei paesi esotici, ha un fascino particolare. E’ il momento che più si avvicina al sogno, perché tutto ciò che ci circonda è nuovo e rappresenta un susseguirsi di emozioni. Anche la giornata di viaggio di lavoro ha il suo fascino, perché dietro l’angolo c’è sempre qualcosa da scovare, un piccolo casolare, un albero dalla forma insolita o semplicemente lo sguardo di una persona che ti aiuta a viaggiare con la fantasia (che tra l’altro costa meno di viaggiare in macchina). Quando arriva l’ora del pranzo si apre la roulette russa. C’è chi si affida a Tripadvisor, chi alle guide, chi chiama l’amico, e chi si lascia andare all’istinto. Questa volta ho scelto il posto per il mio pranzo semplicemente perché sapevo che sarei capitato bene, ma mi è andata meglio di quanto non mi aspettassi. Il locale è l’Hoffmann di Massimiliano e Gabriele Crivellaro, un piccolo bistrò nel paese di Villaverla tra Thiene e Vicenza. Un locale che nasce all’interno di un complesso nuovo ricavato dal recupero di una vecchia fonderia. Un luogo semplice nell’arredamento ma elegante e comunicativo dove ogni dettaglio non è lasciato al caso. Un locale diviso in un banco bar per la caffetteria, la parte dedicata ai cocktail con una snackeria d’autore, un angolo enoteca e il piccolo ristorantino. Un luogo dove si trova di tutto un po’ e tutto ben curato con selezioni attente e dense di passione.  Un menù, il loro, fatto di poche portate ma con materie prime di gran livello e soluzioni sfiziose mai banali. Avevo già provato il mini hamburger accompagnato da uno shot di gin tonic stimolantissimo, oggi all’antipasto scelgo le uova al tegamino che vengono servite con un top di tartufo bianco, solo oggi, il primo della stagione, che mi tira sul il morale. Marco Sparacino in sala, sensibile e attento sommelier mi suggerisce il riesling di Ettore Germano che compie il suo lavoro magistralmente su questo piatto. Amedeo Baio, il cuoco, ragazzo giovane e attento mi propone poi delle conchiglie di pasta di Gragnano con cozze su uno specchio di salsa di fagioli e una grattatina di bottarga per farmi fare ritornare le sensazioni delle vacanze al mare.

conch

Il dessert davvero grandioso, un tortino alle mele saltate sul Calvados con una crema al tabacco che dava quel pizzicore sostenendo le sensazioni di tutto il piatto. Capolavoro!

dessert

Beh il giorno dopo ho dovuto raddoppiare il tempo della corsa mattutina ma ne è valsa la pena. Chi l’avrebbe mai detto. Proprio quando meno te lo aspetti. Stay Rock!

Giampi

Hoffaman Cafè

Piazza delle Fornaci  13

Viallaverla (VI)

Aperto tutti i giorni dalle 09:30 alle 02:00.

TEL:  0445856451

Ufficio Temporaneo

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Foto: Gianpaolo Giacobbo

C’era una volta l’ufficio in centro storico con la targhetta in ottone lucidata di settimana in settimana. Uno degli obiettivi degli yuppies anni ottanta, oltre alla bella macchina e il Rolex era questo. Le cose sono, ahimè, cambiate la bolla di ricchezza, illusoria, è scoppiata e tutti ci siamo rimessi in gioco. La posta da pagare è alta ma la parola d’ordine è “reinventarsi”. Accade così che il Caffè di Libri, di Bassano del Grappa metta in campo un’idea davvero originale. Maurizio e Monica sono un vulcano di idee, persone dalle menti inquiete. Del resto un locale che nasca fuso in una libreria non è cosa di ogni giorno, di solito queste cose non accadono in una cittadina come Bassano ma a New York o a Tokio. Ma nei giorni dei mille interrogativi hanno pensato di destinare uno spazio del loro locale all’ufficio in affitto. Un luogo elegante, sobrio, funzionale con una scrivania, poltrone, un fotocopiatore, wireless a banda larga, una sala riunioni munita di proiettore dove il piccolo professionista, l’agente, il mediatore, il grafico emergente, un’associazione culturale insomma chiunque abbia necessità di incontrarsi e di far nascere il proprio lavoro e le proprie idee può sfruttare. E’ il segno di una società che non getta la spugna ma che si plasma alle esigenze quotidiane. L’affitto di un locale in centro non è più sostenibile, i costi fissi sono eccessivi poi se ci si mette anche la Tares, mettiamo la ciliegina sulla torta. Finita la riunione poi non serve nemmeno impegnarsi troppo per trovare un bar per il caffè e un dolcino o l’aperitivo serale. Bella idea Stay Rock!

Giampi.

Caffè dei Libri – Bassano del Grappa –

Vicolo Gamba, 5
36061 – Bassano del grappa VI
tel.: 0424.227769

Aperto tutti i giorni   08.00 – 02.00

Chiuso il lunedì

info@vicologamba.it

Google Maps Vicolo Gamba, Caffè dei Libri

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