I Colors di Oliviero Toscani

Quel giorno che gli ho detto che la sua rivista “Colors” non mi piaceva

di Gianpaolo Giacobbo

Incontrai Oliviero Toscani nel 1991 durante la presentazione del primo numero di “Colors” una rivista pensata con Luciano Benetton. L’occasione fu un meeting organizzato da  Junior Enterprise,  gruppo di studenti universitari di Ca’ Foscari a Venezia, che aveva dato vita a questa associazione no profit che aveva lo scopo di avvicinare le distanze tra mondo del lavoro e quello dell’università. Un’idea avanguardista per quegli anni in cui le distanze erano notevoli. Era anche il periodo in cui il concetto di marketing era quanto mai sconosciuto o per lo meno lontano da essere compreso da quella generazione di imprenditori, soprattutto nel nord est, il cui successo era decretato più da fare che da comunicare. 

Luciano Benetton rappresentava il simbolo di quella generazione, ma, al contrario dei suoi colleghi, aveva idee rivoluzionarie e con Oliviero Toscani diedero vita ad una comunicazione fuori dalle righe, provocatoria e dissacrante.  Erano appena state pubblicate le foto simbolo del periodo Toscani, le prime prese di posizione antirazziste, il bacio tra la suora e il prete, il malato terminale di Aids sul letto di morte. Le sue idee erano un un vero e proprio atto rivoluzionario e per noi studenti un punto di riferimento. Toscani era il vero Punk dell’immagine. Quindi per me estremamente attraente. Cosa ci fosse dietro quelle foto, per me (poco) studente con idee molto confuse, non era molto chiaro sicuramente mi affascinava l’idea della rottura dagli schemi, di uscire dalle righe, il non allineamento, concetti che poi mi avrebbero accompagnato per tutta la vita. 

Durante il convegno, i miei amici universitari, intervenivano con convenevoli e grandi lodi per le politiche di marketing adottate e per la rivista Colors che effettivamente era d’avanguardia. Alzai la mano con grande timore sperando che non mi dessero la parola. Ricordo molto bene che, nel  momento in cui feci il gesto di richiamare l’attenzione per avere  il microfono, avrei voluto scomparire nel nulla ma oramai era troppo tardi, mi avevano visto ed avevo la parola.

Chiesi a Toscani: 

la sua rivista è bellissima sotto il profilo artistico, le foto non le discuto, non mi permetterei mai ma c’è un problema è scomoda da leggere e da trasportare, è troppo grande e soprattutto è composta da tre volumi è proprio sicuro che avrà successo? ”

In sala ci fu un silenzio assoluto di qualche secondo seguito da un forte mormorio, avevo gli occhi attoniti dei ragazzi della “Junior Enterprise” puntati su di me come tanti cecchini. Oliviero Toscani mi guardò e si mise a ridere sulle prime, poi disse: 

“ beh visto che ci abbiamo messo qualche soldino spero proprio che abbia successo, ma mi piace il tuo punto di vista, ne terrò conto”

Il convegno finì con l’intervento di un manager dell’Olivetti che presentava “Quaderno” un notebook di nuova generazione con peso più leggero molto innovativo.  Finito il convegno cercai la via d’uscita  cercando di affrontare i ragazzi della “Junior” di petto prendendomi tutte le responsabilità del caso. Mi fermò Oliviero Toscani mi chiamò prese una pagina di Colors con una sua foto di un opinel, il coltello tascabile francese, dal titolo “What’s Sexy” la firmò e me la diede dicendomi:

sei un ragazzo tagliente, farai strada nella comunicazione

A distanza di quasi vent’anni, durante un evento legato al vino, incontrai ancora Toscani chiedendogli se si ricordasse di un ragazzo che a Ca’ Foscari intervenne per criticare Colors.

Mi rispose:

mi ricordo benissimo, eri molto titubante con la voce tremante ho ben impresso quel momento

Risposi: “Ecco, ho applicato il concetto Toscani, vi ho provocato affinché vi poteste ricordare di me, a me del successo o meno di Colors non me ne fregava niente ma volevo vivere quel modello in quel momento, ci ho messo vent’anni per avere la prova ma ce l’ho fatta e evidentemente funziona”

Fu un insegnamento importante quello di Toscani sicuramente mi aiutò a pensare ad un mio modello di marketing che poi ho applicato in vari contesti, ovviamente legati al vino. Oggi con Arkè ci stiamo divertendo con un marketing alternativo, che poggia sugli insegnamenti di Toscani. Fluxus e i cataloghi annuali  che con Ey Studio di Vicenza creiamo, utilizzano un linguaggio indiretto che lavora sullo spazio emozionale su apparenti non sensi che in realtà hanno più senso di ciò che viene spiattellato in faccia.

Non sempre mi è piaciuto l’atteggiamento di Toscani, soprattutto negli ultimi anni quando, quel tipo di comunicazione, inventata da lui, non aveva più senso. Le sue sparate, come quella sui veneti ubriaconi erano oramai anacronistiche e non riuscivano più ad attecchire in un mondo oramai tutto cambiato e dove più nulla stupisce. Tuttavia il rispetto e la stima nei suoi confronti non è mai cambiato. Oggi la foto che mi regalò  è appesa alla parete della mia cantina con la sua firma oramai sbiadita dal tempo ma con un ricordo ancora vivo. 

Grazie di tutto maestro buon viaggio, 

Giampi,

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